Gli addominali sono utili?
Prima di addentrarci nello specifico, dobbiamo entrare nell’ottica che il corpo è un tutt’uno, in cui tutte le parti sono interconnesse. Siamo abituati a considerarlo a settori separati; invece ogni movimento, ogni contrazione influenza l’insieme. Gran parte dei muscoli è organizzata in insiemi funzionali chiamati catene muscolari, che sono cinque e si comportano come grandi elastici, sempre troppo corti e troppo rigidi. La catena principale è quella posteriore che inizia dalla nuca, comprende tutti i muscoli dorsali, i glutei, i muscoli della regione posteriore delle cosce e delle gambe, prosegue con quelli della pianta del piede e termina con quelli della regione anteriore della gamba, fino a sotto il ginocchio. La si può immaginare come un calzettone troppo corto, il cui bordo superiore posteriore risale fino alla nuca: questo comporterà un’alterazione della posizione della colonna o degli arti inferiori.
Tutte le catene descritte sono interdipendenti fra loro: un’azione su un punto qualsiasi di una di esse provoca un accorciamento in una o più delle altre. È quindi evidente che non ha senso un lavoro segmentario sul corpo, che è assurdo potenziare, come spesso si fa, gli addominali, in quanto le loro inserzioni posteriori sono in comune con quelle dei muscoli dorsali, e quindi potenziando i primi si potenziano anche i secondi. È sempre sbagliato potenziare i muscoli delle catene, già troppo rigidi: bisogna invece allungarli, e così si ottiene il contemporaneo potenziamento dei loro antagonisti. È quindi inutile praticare, per esempio, esercizi mirati per potenziare i quadricipiti e gli addominali, amati da tutti gli sportivi, se contemporaneamente non si allungano le catene che li frenano, impedendo loro di lavorare.
I muscoli addominali (obliqui, trasverso) formano una cintura muscolare che si attacca ai dorsali. Quando li contraiamo, inevitabilmente sollecitiamo la regione lombare portandola in avanti (lordosi) e schiacciandola (pancia in avanti e gonfia). Quando potenziamo questi muscoli dobbiamo contemporaneamente allungare la regione lombare per evitare la compressione dei dischi che provoca lombalgie e sciatalgie. Di conseguenza gli esercizi tipo crunch o i classici “addominali” sono inutili e spesso dannosi soprattutto per chi ha problemi di dolori lombari, cervicali e sciatalgie.
Da ricordare che gli esercizi “classici” di avvicinare capo-tronco al bacino o bacino al capo-tronco, potenziano i muscoli retti dell’addome rendendoli ipertrofici (a salsicciotto) e questa è la base meccanica per procurarsi un’ ernia del disco.
L’ esercizio giusto? Il Plank
Ecco come si esegue correttamente l’esercizio plank:
Con “core” si identifica la fascia muscolare centrale del corpo composta dai seguenti muscoli: addominali, obliqui sia esterni che interni, traverso, diaframma, pavimento pelvico, quadrato dei lombi, paravertebrali e multifido. Il “core” sostanzialmente ha la funzione di garantire stabilità in determinati movimenti, ma è utile anche per la buona postura, per diminuire l’incidenza di ernie del disco, protusioni e lombalgie e dunque anche funzionale per la salute (a patto che sia appunto allenato).
@Chiropratica Caronti
Tuo figlio si toglie le scarpe e rimane scalzo, e tu cominci subito a brontolare. Tranquilla, quel gesto è fonte di preoccupazione e irritazione per la maggior parte delle madri. Eppure secondo gli esperti in realtà favorisce la crescita dei bambini. Cosa dicono le ricerche sui bambini scalzi?
Sostanzialmente tre cose: libertà, felicità e intelligenza. Uno studio che ha fatto il giro del mondo demolisce la teoria secondo cui bisogna far indossare le scarpe ai figli fin da piccolissimi, e sfata antiquati miti su raffreddori, educazione e problemi fisici.
La ricerca, intitolata “Podologia preventiva: bambini scalzi significa bambini più intelligenti”, è promossa dalla Universidad Complutense di Madrid. Si sentono comodi e felici, esplorano e crescono nel modo giusto: perché non lasciarli scalzi?
“Il movimento fisico e gli stimoli sensoriali che il bambino riceve attraverso i piedi nudi contribuiscono ad accelerare la crescita, lo sviluppo propriocettivo e intellettuale”, afferma Isabel Gentil García nel testo.
La studiosa mette in discussione, inoltre, le raccomandazioni dei pediatri di far indossare le scarpe ai bimbi di pochi mesi, cosa che servirebbe solo a proteggerli dal freddo.
Gentil García avverte che con il piede coperto il bambino viene privato delle informazioni tattili e della percezione della posizione e del movimento del corpo nello spazio. Secondo l’esperta, i bimbi scalzi sviluppano più velocemente le abilità motorie e la coordinazione tra mano e viso.
Un approccio multidisciplinare sostiene che i piedi sono un mezzo per ricevere informazioni sul mondo esterno, poiché a contatto con superfici e materiali diversi.
Secondo alcuni neurologi, fino ai dieci mesi di età il bambino ha una sensibilità tattile più sviluppata nei piedi che nelle mani. I piedi gli consentono di sperimentare e conoscere attraverso il tatto.
Non dobbiamo privare i piccoli delle informazioni percettive. Per questo l’università madrilena difende l’importanza di lasciare i bambini scalzi.
Consideriamo le fasi di sviluppo dell’intelligenza formulate da Piaget. In quella senso-motoria sono importanti la manipolazione, il movimento e l’organizzazione delle informazioni sensoriali, poiché offrono al piccolo una prima nozione di sé, dello spazio, del tempo e della casualità.
I piedi sono ricettori privilegiati che contribuiscono a sviluppare meglio l’intelligenza del bambino. Essa nasce da una complessa interazione tra l’ambiente e l’organismo, e uno dei fattori ambientali più influenti è la conoscenza del proprio corpo.
I bimbi scalzi che poggiano i piedi su qualsiasi superficie – comprese quelle irregolari – hanno un migliore sviluppo muscolare. Senza scarpe, infatti, non hanno un peso da portare e sono più liberi nei movimenti. Ciò consente loro di controllare meglio il corpo.
A tutti i bambini piace andare in giro scalzi, o nudi, senza pensare alle conseguenze sulla propria salute. Quest’abitudine li fa sentire più comodi e offre numerosi benefici:
Gli adulti si innervosiscono quando vedono i bimbi scalzi, ma i bambini sono più felici senza scarpe.
I bimbi scalzi hanno un contatto più profondo con l’ambiente circostante e percepiscono il mondo in un altro modo. Contemporaneamente scoprono il proprio corpo.
“All’inizio dello sviluppo dell’intelligenza non esiste una differenza tra l’io e il mondo esterno, è un tutt’uno”, dicono gli specialisti. Per imparare devono esplorare e avere un contatto diretto con le superfici.
@Chiropraticacaronti
Gli Omega 3 sono acidi grassi polinsaturi essenziali, molto utili per prevenire e curare le malattie cardiovascolari e alcune malattie infiammatorie. Scopriamoli meglio.
Noci, ricca fonte di omega 3
Gli Omega 3 (Ω-3) sono acidi grassi polinsaturi a lunga catena. Sono classificati in famiglie diverse a seconda della posizione del primo doppio legame lungo la catena dell’acido grasso: nel caso degli Omega 3 il primo doppio legame è in corrispondenza del terzo atomo di carbonio.
Gli Omega 3, insieme agli Omega 6, vengono definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati dall’organismo e vanno introdotti con la dieta. Il metabolismo di Omega 3 e Omega 6, inoltre, segue vie biochimiche distinte in quanto non possono essere trasformati l’uno nell’altro.
A cosa servono gli Omega 3
Gli Omega 3 sono presenti nell’organismo in concentrazioni minori rispetto agli Omega 6, ma in un numero di cellule molto maggiore, facendo ipotizzare un ruolo biologico più importante.
Il meccanismo d’azione degli acidi grassi essenziali si fonda sulla loro capacità di trasformarsi in Eicosanoidi, sostanze biologicamente attive. Hanno azione ormone simile ma, a differenza degli ormoni, agiscono sul tessuto che li ha prodotti.
Si dividono in tre classi principali:
I principali acidi grassi Ω-3 sono l’acido α-linolenico, di origine vegetale, contenuto soprattutto nelle noci, negli oli di lino e canola e nelle verdure a foglia verde, e gli acidi grassi eicosapentaenoico (EPA) e docosaenoico (DHA) presenti in concentrazioni elevate nel grasso dei pesci che vivono nei mari freddi e che esercitano effetti come l’ottimale funzionamento del cervello, della retina e delle gonadi.
Il DHA ha prevalentemente funzione strutturale, è importante per lo sviluppo e la maturazione cerebrale, per l’apparato riproduttivo e il tessuto retinico; l’assunzione di livelli adeguati di DHA durante la gravidanza e l’allattamento è quindi importante per garantire lo sviluppo fetale e la crescita corretta del bambino.
L’EPA è il principale precursore dei leucotrieni e delle PG3 (prostaglandine della serie 3) che posseggono un’importante attività antiaggregante piastrinica.
Riassumendo quindi:
- omega 3 → DHA;
- omega 3 → EPA → PG3
Alcuni effetti di EPA e DHA a livello cardiovascolare, come il controllo del ritmo cardiaco (aritmie) e della pressione arteriosa (ipertensione), sono stati osservati con quantità ottenibili dall’alimentazione, mentre altri, come la riduzione dei trigliceridi e del rischio di trombosi, richiedono tempi di assunzione più lunghi.
Il meccanismo d’azione degli Omega 3 è piuttosto complesso e comprende l’aumento della fluidità delle membrane cellulari, il miglioramento della funzione endoteliale, la modulazione dell’aggregazione piastrinica e dell’infiammazione sistemica, la stabilizzazione delle lesioni ateromasiche.
Questo porta gli Omega 3 ad essere utili per:
Dove si trovano gli Omega 3
Tra i cibi che contengono Omega 3 ci sono: pesce, acciughe, merluzzo, salmone atlantico, tonno, sgombro, negli oli di pesce, nei semi di lino, nell’olio di lino e nelle noci.
L’American Heart Association suggerisce, in caso di documentato rischio cardiovascolare, 1 grammo al giorno di EPA e DHA, mentre in Italia non esistono indicazioni precise per una razione giornaliera ottimale di questi composti.
Oggi sul mercato è presente una grande varietà di integratori a base di olio di pesce che contengono EPA e DHA in concentrazioni variabili.
Una carenza di acidi grassi essenziali determina la comparsa di disturbi come: arresto della crescita, manifestazioni cutanee e biochimiche legate all’integrità delle membrane cellulari.
Fra le cause della carenza vi è uno scarso apporto con la dieta e un eccessivo consumo di acidi grassi saturi, colesterolo, alcolici e carenza di oligoelementi come zinco e magnesio.
Nello specifico, una carenza di Omega 3 porta ad un aumento del rischio delle malattie cardiovascolari, viene meno il ruolo di protezione e prevenzione delle malattie cronico-degenerative, autoimmunitarie e su base infiammatoria.
Inoltre una diminuzione o assenza comporta una maggior produzione di acido arachidonico, implicato nel meccanismo infiammatorio.
Alcuni studi inoltre riscontrerebbero una concentrazione ridotta di Omega 3 nei bambini con ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.
Controindicazioni
Ad oggi non risultano controindicazioni per gli Omega 3, tuttavia esistono possibili effetti dovuti ad un sovradosaggio e si raccomanda di fare attenzione in chi è in trattamento con farmaci anticoagulanti poiché potrebbero potenziarne l’effetto.
I genere il rapporto di assunzione Omega 6/Omega 3 consigliato dai LARN è di 4:1.
@Chiropratica Caronti